Comitato EduChiAmo vuole che le sperimentazioni a cui il Governo fa menzione nelle ipotesi di riapertura dei servizi abbiano una sostanza educativa forte. Non crediamo che l’innovazione possa essere frutto di pratiche improvvisate, non sarebbe coerente alla missione dell’educare.
In particolare modo per l’outdoor education riteniamo che semplificare le profonde questioni educative che portano a maturare la scelta di privilegiare l’ambiente l’esterno come contesto educativo, non sia realizzabile nè fruttuoso per gli educatori ed i bambini.
Outdoor Education non significa far giocare i bambini all’aperto.
Per questo ci auguriamo che se la strada che i governanti decideranno di percorrere sarà anche quella dell’educazione all’aperto, tengano in considerazione di coinvolgere chi ha competenza ed esperienza per farlo, mettendo tutti nelle condizioni di vivere appieno le opportunità che fare questa scelta comporta.
Ci fa piacere quindi ospitare un contributo del gruppo di ricerca interuniversitario Educazione e Natura.
L’Educazione all’aperto come possibilità: alcune riflessioni in tempo si emergenza
Stiamo attraversando un momento complesso, rispetto al quale è difficile avere certezze, anche su ciò che si conosce bene, anche su ciò che si conosce meglio. Le informazioni che riceviamo sono in continua evoluzione e, giorno dopo giorno, appaiono spesso anche in contrapposizione. Difficile in questo scenario poter generalizzare, assumere posizioni nette, trovare soluzioni estese. Per chi interpreta l’educazione come un processo trasformativo questo vale sempre, ma ora siamo ben oltre ogni posizione ideale: stare in dialogo costante con quel che accade adesso è proprio una necessità. Quello che si può fare ci sembra piuttosto provare a delineare alcuni criteri che possano orientare le azioni a venire e quindi disporsi a sperimentazioni attente su scala locale, valorizzando le opportunità, le reti, le connessioni tra dentro e fuori i servizi educativi e le scuole.
Per noi tutto questo oggi vale anche rispetto ad uno dei nostri temi più cari, quello dell’educazione all’aperto, in natura e nel mondo. Non abbiamo mai pensato che uscire, in sé, fosse “la” soluzione, ma una – per noi grande, straordinaria – possibilità per contribuire a una proposta educativa, formativa e didattica viva, capace di amplificare le possibilità di apprendimento per bambini e ragazzi e di dare nuovo entusiasmo a molti educatori e insegnanti, di ogni ordine e grado.
In linea con ciò che abbiamo sempre discusso, pertanto, pensiamo che sia importante considerare preliminarmente almeno due questioni:
in generale, fare scuola fuori non è solo uscire, ma è cambiare modo di pensare e agire, riconoscendo valore formativo alle esperienze autonome, alle domande individuali, ai tempi distesi, ai rilanci progettuali; in particolare, fare scuola fuori oggi non potrà essere come è stato prima dell’emergenza (quando, ad esempio, i bambini potevano sperimentare anche significative autonomie rispetto agli adulti, supportandosi tra pari e avviando ricerche di gruppo).
Apprezziamo l’attenzione che oggi tutti stanno dedicando all’educazione all’aperto, perché ne conosciamo le potenzialità, i benefici per tutti, le ricadute in termini di competenze e di apprendimenti, la naturale multidisciplinarietà, la coerenza con gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030. Confidiamo, inoltre, che tutto ciò possa far maturare il desiderio, il bisogno, di mantenerlo come parte strutturale della scuola che verrà, non solo nel breve e medio, ma anche nel lungo termine.
Contemporaneamente, però, ci sentiamo anche di suggerire attenzione e cautela, sia per poter salvaguardare almeno una parte di queste potenzialità, sia soprattutto per accompagnare coloro che saranno potenzialmente impegnati in queste esperienze nei prossimi mesi.
Ciò per noi significa innanzitutto:
definire consapevolmente il carattere sperimentale di ogni esperienza, da declinare in ciascun territorio sulla base delle competenze, delle risorse, delle possibilità attivabili;
avviare preliminarmente e in progress una formazione capace di supportare la realizzazione di tali esperienze; conoscere i contesti che si individuano per poterne prefigurare modalità di utilizzo, opportunità, limiti; approfondire il tema della qualità della vita nelle percezioni di educatori, insegnanti, dirigenti e famiglie; promuovere una riflessione sui processi inclusivi all’aperto;
definire gli aspetti pedagogico-organizzativi necessari per sostenere un’esperienza all’aperto non occasionale e di lungo periodo, anche in rapporto con gli ambienti interni.
Siamo consapevoli che nella grande complessità e difficoltà di questo momento si possono aprire anche importanti opportunità: ciò ci invita tutti, ciascuno nel proprio ruolo e con responsabilità, a osservare, sperimentare, investire, mettendo in circolo le proprie competenze per costruire nuovi scenari possibili e sostenibili, capaci di contribuire a una sempre migliore proposta educativa, didattica e formativa.
Non solo nell’emergenza, per tutti i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze del nostro Paese.
Maja Antonietti, Dipartimento di Discipline Umanistiche, Sociali e delle Imprese Culturali, Università di Parma
Fabrizio Bertolino, Dipartimento di Scienze Umane e Sociali, Università della Val d’Aosta
Monica Guerra, Dipartimento di Scienze Umane per la Formazione “Riccardo Massa”, Università di Milano-Bicocca
Michela Schenetti, Dipartimento di Scienze dell’Educazione “Giovanni Maria Bertin”, Università di Bologna
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